Ghirba - Biosteria della Gabella

Intervista a cura di Manuela Pecorari

L’ultima serata del Terra di tutti Film Festival@Ghirba è dedicata alle donne del Mediterraneo. Per l’occasione, dopo la nostra prima intervista, facciamo ancora qualche domanda alla direttrice artistica del Festival Stefania Piccinelli della ONG GVC – Gruppo di Volontariato Civile, direttamente coinvolta nella produzione di uno dei film “al femminile” in programmazione.

Stefania, so che hai lavorato direttamente al film “Eco de femmes” che vedremo alla Ghirba. Puoi raccontarci quello che non possiamo vedere: come funziona il progetto sul campo di GVC con le donne in Tunisia e Marocco?

Effettivamente “Eco de femmes” è un film a cui tengo molto: Chiuderà la rassegna il 26 febbraio e, insieme a “RESONANCE…Voices of vulnerability in Area C” ed è una produzione diretta di GVC. In entrambi i film le attività di GVC sono sullo sfondo, protagoniste sono le comunità e le persone che danno senso al nostro lavoro e raccontano la loro vita, i loro problemi e di fatto il perché l’azione di GVC al loro fianco è importante, a volte indispensabile.

eco_femmes3

Di cosa parla il film “Eco de femmes”?

È un documentario corale che racconta le esperienze, i desideri professionali e di vita di sei donne che vivono e lavorano nelle zone rurali del Marocco e della Tunisia. La promozione dei loro diritti e la loro emancipazione socio-economica, sono il cuore del’ omonimo progetto di sviluppo. Così come le donne sono le protagoniste del progetto e della costruzione del loro futuro, così lo sono di questo film corale e al femminile.

Come vivono le donne, nelle aree rurali del Maghreb?

Le donne qui rappresentano oltre il 35% della popolazione femminile e svolgono tra il 70 e il 90% della manodopera in agricoltura. Quasi tutto il lavoro agricolo è quindi frutto della loro fatica, ma la ricchezza che ne deriva non arriva mai nelle loro mani.

Obiettivo comune del Progetto di Sviluppo e del Documentario “Eco de femmes”, avviato nel 2012, è quello di rafforzare e tutelare i diritti sociali ed economici delle donne delle aree rurali del Maghreb, promuovendone l’uguaglianza di genere, attraverso il miglioramento della loro condizione sociale ed economica, sostenendole nella creazione di cooperative agricole e artigianali, favorendo così l’accessibilità alle risorse economiche da parte delle donne stesse, garantendo che la ricchezza da esse prodotta finisca nelle loro mani.

ttff2

L’intervento condotto in contemporanea in Tunisia e in Marocco pone l’accento sull’importanza dell’economia sociale come strumento efficace nella lotta alla povertà. La partecipazione delle donne rurali alla vita sociale ed economica del Paese è un punto cardine del progetto, che si prefigge di promuovere la parità nell’accesso e nel controllo delle risorse economiche, facilitando la diffusione e lo scambio di buone pratiche nel bacino del Mediterraneo. Fondamentale per la realizzazione di questo obiettivo risulta la creazione di una rete commerciale dinamica e strutturata di prodotti agroalimentari equo-solidali, la promozione della parità uomo-donna e il sostegno allo start up di cooperative rurali femminili.

Ma tu che le hai conosciute, cosa desiderano queste donne?

Il film racconta proprio questo: i sogni e i desideri di Zina, Cherifa, Halima, Fatima, Mina e Jamila. Donne in carne ed ossa, donne che vi sorprenderanno per la loro forza e bellezza. Imparerete a conoscere loro ed i loro desideri.

Non voglio privarvi del gusto della scoperta e il documentario è stato fatto proprio perché siano loro le protagoniste. Non voglio di certo prendere il loro posto! Le conoscerete anche voi. Ascolterete dalle loro voci l’Eco di una buona economia: equa, solidale e femminile.

Cosa ci aspetta dalla nostra Terra in questo 2015?

Il 2015 è un anno cruciale. Il mondo, o almeno una parte di esso, si sta interrogando su come riuscire a garantire una vita dignitosa, a combattere la povertà e a preservare l’ambiente prima che non sia troppo tardi.

Il 2015 è l’anno europeo dello sviluppo ed è anche l’anno in cui l’ONU, e quindi la comunità internazionale intera, sta rivedendo la cosiddetta “dichiarazione del millennio” , impegno siglato nel 2000 dai capi di stato del mondo (Italia inclusa) che si impegnarono a sradicare la povertà estrema nel mondo entro il 2015. Così non è stato. Oggi ci si interroga su come affrontare la sfida della povertà in epoca di crisi e di disastro ecologico.

La risposta non è semplice ma è chiara: bisogna unire le priorità dello sviluppo a quelle ambientali; bisogna che lo sviluppo sostenibile non sia solo qualcosa da “esportare” nei paesi più poveri ma anche una  pratica di tutti nel nord come nel sud del mondo. Queste le sfide di domani, un futuro che non può più aspettare tanto per diventare realtà. Una Terra che sia veramente percepita come bene comune, di tutti.

ste pic3

Un’ultima domanda, Stefania: cosa vuol dire una “Terra di tutti”? Come te la immagini?

Questa è una domanda facile e difficilissima allo stesso tempo. Una “Terra di tutti” è un posto in cui tutti possano vivere con dignità. È un posto in cui persone e comunità non siano obbligate a vivere in caverne o case di fortuna perché non hanno il permesso di costruire case dignitose, come ad esempio gli abitanti delle zone in Area C in Palestina. O ancora un posto in cui per sopravvivere non si sia costretti a rischiare la propria vita per attraversare il Mediterraneo e ritrovarsi poi a lavorare da schiavi in piantagioni di pomodori, come è il caso dei migranti di “Destination de dieu”. È un posto in cui le donne non vengono lasciate nell’ignoranza, analfabetismo e povertà. A ben vedere tutte queste problematiche, o meglio discriminazioni, che colpiscono l’80% della popolazione del pianeta, non sono frutto di disastri naturali ma di scelte umane, di politichi discriminatorie e di distribuzione iniqua della ricchezza e del potere. Sono tutte cose che si possono cambiare se vi è la volontà di farlo.